(CAVALIERI MARVEL)

 

in:

IN CERCA DI AMY (I parte)

Di Carmelo Mobilia

 

Times Square. Ufficio di Luke Cage.

 

Finalmente lo avevano risistemato. Erano  passati mesi dall’esplosione di quell’ordigno che aveva distrutto il suo ufficio (1)  (che poi è anche la sua abitazione) ma oggi finalmente Luke poteva tornare a viverci. L’odore della vernice aleggiava ancora nell’ambiente, ma la cosa non lo disturbava affatto. Si mise a riammobiliarlo seguendo il proprio gusto, sistemando la scrivania, lo schedario, le poltrone. Appese al muro le sue vecchie fotografie che lo ritraevano con Pugno d’Acciaio ai tempi de “gli eroi in vendita”(2) . Bei tempi, quelli assieme a Danny... meno male che lui aveva ancora i negativi. Ci teneva moltissimo a quelle foto, e a quello che rappresentavano. Era sul punto di appendere al muro anche la foto del suo idolo Muhammad Alì, immortalato nella leggendaria posa mentre atterra Sonny Liston, quando sentì bussare alla porta.

<E’... permesso? Siete aperti?> chiese la donna.

<Ci sono solo io signora... e a dire il vero no, non sono ancora aperto. Ho terminato da poco di ristrutturare l’ufficio e...>

<Capisco, signore. Ma io ho urgenza di parlarle. Quando posso tornare?> chiese con tono impaziente.

Luke si accorse che la donna era preoccupata. Gentile ed educata nei modi, ma evidentemente aveva qualcosa che le rodeva dentro. Era sui cinquanta, anch’essa di colore. I capelli stavano cominciando ad ingrigirsi. Portava degli abiti e degli occhiali fuori moda, segno evidente che non se la passava troppo bene.

<Massì signora, lasci perdere e si accomodi: mi dica come posso aiutarla.> La donna accettò l’invito e si sedette sulla poltrona.

<Mi chiamo Emily Gretchen, mr. Cage. Sono qui per via di mia figlia Amy. Sono settimane che non so nulla di lei. Abbiamo litigato....sa, l'ennesima discussione dovuta ai brutti voti scolastici e alle cattive amicizie. Da quando sono rimasta vedova ho fatto del mio meglio per crescere i miei quattro figli, ma Amy... dio, è sempre così arrabbiata; non riesce ad accettare le restrizioni economiche a cui siamo costrette.  Diceva che si vergognava a portare dei ragazzi nella nostra “pidocchiosa” casa, e voleva delle scarpe che non possiamo permetterci... > cominciarono a scendergli delle lacrime, che gli colavano  dal mento  <Io ero stanca, ero tornata dal lavoro e... le ho tirato una sberla. Lei come al solito è corsa via di casa, ma questa volta non è più tornata. Dio solo sa dov’è... o con chi è...>

<Mi perdoni se glielo dico signora, ma...>

<Perchè non sono andata dalla polizia? Oh ci sono andata... eccome se ci sono andata. Prima mi hanno fatto aspettare 48 ore, poi si sono messi a cercarla, a stampare qualche manifesto... ma non hanno trovato ancora nulla. Io però sono troppo impaziente... e poi, non sono convinta che gli sbirri ci mettano troppo impegno nel cercare la figlia di una negra del ghetto.> disse amaramente. La signora Gretchen era cresciuta durante gli anni 60, ed era memore dei maltrattamenti subiti dalla gente di colore da parte delle forze dell’ordine, e dunque non nutriva molta fiducia in esse.

<E’ per questo che mi sono rivolto a lei, mr Cage. Lo sanno tutti che lei è dalla parte della povera gente. Di lei so che posso fidarmi.> prese dalla borsetta una busta <Questo è quanto posso darle. Non è molto, ma sono tutti i nostri risparmi. Ma posso anche lavorare per lei... farle da segretaria, o da colf, se serve. Sono disposta a tutto pur di riavere la mia bambina...>

<Oh oh,  freni signora. Non ce ne sarà bisogno... e non voglio nemmeno i suoi soldi. Io...>

<La prego mr. Cage! Lei è la sola unica speranza! Non so a chi altri rivolgermi!> Luke la fissò negli occhi, e non potè reggere lo sguardo.

<Signora, ho detto di non volere i suoi soldi, non che non accetto il caso.>

<Vuole dire che...> l’ampio sorriso di Luke era eloquente.

<Lei è un dono del cielo, mr Cage...>

<Non lo dica in giro però.... sa, per la pubblicità...>

 

Dunque mi trovo a dover dare la caccia ad una ragazzina scappata di casa... e per di più, gratis. Cristoforo Colombo! Chissà cosa direbbe Danny...  che c’ho il cuore troppo tenero, ecco che direbbe. Ma che volete farci, quella donna mi ha fatto pena... ‘sti c$%%£ di adolescenti... ma che c’hanno nella testa?? Sarà scappata da qualche fidanzatino che sua madre non approva... comunque, che ci vorrà mai? Domani vado alla sua scuola a fare un paio di domande...

 

Lincoln High School.

 

Luke entrò nella classe di Amy, dopo un colloquio con la preside della scuola.  Si mise a fare domande ai compagni della ragazza.

<Quando è stata l’ultima volta che avete visto Amy?>

<L’ultima volta che è ha frequentato le lezioni è stata circa due settimane fa.> gli disse l’insegnante, consultando il registro.

<C’è qualcuno di voi che è a conoscenza di qualche posto che frequentava quando non era a scuola? Che so, una sala giochi o un bar...>

<Una sala giochi? Perchè,  esistono ancora? quella è roba da anni 80... oggi abbiamo la PSP e l’X-Box, bello!> disse uno degli alunni, suscitando le risate del resto dei compagni. La professoressa lo riprese.

<Allora passiamo ad argomenti più tosti... qualcuno sa per caso se si faceva di qualche droga?>

Scese il silenzio nell’aula.

<Tutti puliti vero? Nessuno qui ha mai visto qualcuno farsi uno spinello... o una striscia di bamba, eh? Tu non hai sentito niente, vero “bello”? > disse con una smorfia provocatoria sul volto, fissando il ragazzo che l’aveva deriso poco prima.

< Non abbiate paura di parlare.... nessuno vi punirà. Ah e se qualcuno teme la reazione di qualche bullo, stia pure tranquillo... non permetterò nessuna rappresaglia, avete la mia parola.> disse Luke, ma non ottenne nessuna risposta. L’omertà fra studenti era un muro talmente solido che neppure lui poteva rompere. In fondo quei ragazzi non erano tanto diversi da lui quando aveva la loro età; nemmeno lui avrebbe mai fatto la spia su un suo compagno. Continuò il resto della giornata con alcuni colloqui privati con gli studenti di altre classi e i professori. Il profilo che venne fuori non era diverso da quello di centinaia di sue coetanee: intelligente, introversa, scontrosa, spesso di cattivo umore e che tende a tenersi tutto dentro. Nessuno gli aveva dato il benchè minimo indizio, fino a quando una ragazzina con gli occhiali non lo avvicinò nel parcheggio.

<Signor Cage?>

<Luke, piccola. Chiamami Luke.>

<Senti... Luke. Io forse avrei qualcosa che può esserle d’aiuto...>

< Dimmi allora, sono tutto orecchie. Tu sei....?>

< Mi chiamo Rachel Spencer. Andavo alle medie con Amy, ci conosciamo da quando eravamo piccole. Poi sa, qui al liceo ci si perde un pò di vista... io ero troppo “sfigata” per frequentare i suoi nuovi amici...>

<E chi sono questi amici?>

<Come le dicevo, non ci frequentiamo da un pò, ma da un pò di tempo a questa parte l’ho vista spesso marinare la scuola per andarsene con Vincent De Rosa. Lui veniva sempre a prenderla qui davanti... >

<Chi è Vincent De Rosa?>

<E’ un ragazzo di Little Italy. E’ bello e ricco, dicono somigli ad una star del cinema. Avrà sui vent’anni ed è piuttosto famoso nel quartiere... dev’essere invischiato in affari loschi, perchè fa quello che gli pare e nessuno gli dice nulla, come se avessero paura di lui. Io... temo che Amy si sia cacciata nei guai, frequentando quel tipo.>

<Ho capito il genere. Andrò a fare qualche domanda allora. Grazie, Rachel.>

 

Harlem, quello stesso pomeriggio.

 

Melvin “Smookie” Jones era un piccolo spacciatore d’erba;  Luke lo lasciava fare, a patto che si tenesse lontano dalle scuole e che ogni tanto sganciasse qualche informazione. Decise di rivolgersi a lui, in quanto era uno del giro che aveva le “orecchie lunghe”.  Lo trovò in compagnia di altri quattro balordi in un parcheggio, seduti sul cofano di una macchina a fumarsi qualche canna e ad ascoltare musica rap che a tutto volume usciva allo stereo. Quando Smookie lo vide arrivare cambiò improvvisamente umore:

<Oh cazzo...> disse mentre passava lo spinello.

<Chi è?>  chiese Sammy G, come si faceva chiamare.

<Uh ragazzi, meglio che telate. Ci becchiamo dopo.>

<Che? No aspetta... devi sganciare la roba prima...>

<Dopo, ho detto. Ora andate.>

<Frena bello. Qual è il problema, quel tipo? E’ uno sbirro?> domandò ancora.

<No, quale sbirro, lui è...>

<E’ uno a cui devi dei soldi? Non avere paura... ora stai con noi, fratello...> tirò su la felpa e gli mostrò una beretta infilata nei pantaloni.

<No no no no... sta fermo fratello; se la vede quello s’incazza...>

<Beh se s’incazza io lo parcheggio per sempre!>

Luke si avvicinò al gruppetto e Sammy gli andò incontro.

<Yo bello. Che ti frulla?> gli disse con aria di sfida. Luke detestava questi balordi; diceva che alimentavano gli stereotipi sui neri e incentivavano all’odio razziale, con quelle arie da gangster.

<Togliti dalle palle. Devo parlare con Smookie.> disse, secco.

<Ehi frena, amico. Smookie è impegnato adesso.>

<Con chi, con voi perdigiorno? Andate a stronzeggiare da un’altra parte, prima che mi girino sul serio.>

<Ooooooh! Hai sentito? il tipo è un duro! Così non lo impressioni di certo...> fece uno degli amici di Sammy G. A Luke cominciavano a girare parecchio. Sapeva cosa dove volevano andare a parare.

<Ah si? E con questo t’impressioni, invece?> gli puntò la pistola.

<Oh no; adesso lo hai fatto incazzare...> disse Smookie.

Sammy G gli sparò un colpo a bruciapelo, , bucandogli la maglietta nera che indossava sotto il giubbotto di pelle.

<No... ORA sono incazzato.>  gli strappò della pistola, afferrandola per la canna ancora fumante, poi prese Sammy per il bavero, lo sollevò da terra e lo lanciò lontano. Gli altri trasalirono alla vista del loro amico gettato come se fosse un pacchetto di sigarette vuoto. Luke si avvicinò a loro e poi diede un pugno al cofano dell’auto, che si ammaccò come colpito da una mazza ferrata.

<VIA!> gridò uno dei tre, e tutti scapparono a gambe levate.

Smookie e Luke rimasero soli.

<Ora facciamo due chiacchiere noi...>

<Oh cacchio... aspetta Cage; io glielo detto di non cazzeggiare con te, hai visto anche tu no?>

<Cerca d’essere più convincente la prossima volta. Io c’ho rimesso una maglietta.> disse mostrandogli il foro della pallottola.

<Senti amico io... sono pulito ok? Non ho fatto nulla...>

<Tu pulito? Ma fammi il piacere...>  lo sollevò di peso da terra, poi lo scosse con forza: dalle sue tasche caddero una pipetta da crack e numerose bustine d’erba.

<Questo per te è essere puliti?> gli disse, schiacciando la pipa sotto lo stivale <Lo sai quali erano i patti; io ti permetto di spacciare questa robaccia in cambio di informazioni... ed è da un pò che tu non parli con lo zio Luke.>

<C-Che... che vuoi sapere?> disse spaventato.

<So che bazzichi dalle parti di Little Italy. Sto cercando un tizio, si chiama Vincent De Rosa. Voglio sapere dove trovarlo.>

<Vincent De... vuoi dire Vinnie il bello?>

<Così dicono. A circa vent’anni.>

<Cavolo, ma lo conoscono tutti Vinnie il bello! E’ il nipote di Sal Pennisi.>

Conosceva quel nome; Sal Pennisi era un Padrino della mafia. Questo comunque non lo scoraggiò: aveva accettato il caso e sarebbe andato fino in fondo.

<Dove posso trovarlo?>

<Vinnie il bello è socio di un locale che si chiama Maxie’s. Sta sempre lì, a bere o a giocare a carte.>

Luke lo lasciò andare, facendolo finire con il sedere per terra.

<Ok Smookie, ti ringrazio. Ci becchiamo in giro.> disse mentre s’allontanava, voltandogli le spalle.

 

Sal Pennisi. Gli italiani. Brutta faccenda. Se la dritta che m’ha dato Smookie è esatta, questa storia ha appena avuto un inaspettato sviluppo.

 

Da Maxie’s, Little Italy. Quella sera.

 

Vincent De Rosa era sul retro del locale, che giocava a poker con alcuni amici. Capelli corvini, pizzetto, camicia aperta sul petto, sigaretta spenta pendula all’angolo della bocca, occhiali a specchio sulla fronte, Vinnie aveva sempre l’aria da “galletto”, di chi doveva andare ad una festa, anche quando si richiudeva in posti come questo. Tutti lo trattavano bene, a Vinnie. Nessuno osava contraddirlo, per paura che s’irritasse e lo dicesse a suo zio il boss. Mentre distribuiva le carte, il ragazzo che aiutava al bancone entrò a chiamarlo.

<Ehi Vinnie...>

<Che c’è?>

<C’è uno che chiede di te all’ingresso, un negro.>

<E’ uno sbirro?> chiese.

<Non ha l’aria di essere un poliziotto...>

<E allora mandalo via.>

<Uh non so... cioè, voglio dire... è uno grosso.>

<Ehi Nick, vai a vedere chi è e cosa vuole.... poi prendilo a calci in culo.>

<Si, ci penso io Vinnie...> Nick era uno dei guardaspalle di Vincent. Si alzò dal tavolo da gioco e andò a vedere. Passarono i minuti, i ragazzi sorseggiavano i loro drink e fumavano le loro sigarette in attesa che Nick tornasse per riprendere la partita.

All’improvviso però la porta alle loro spalle venne abbattuta, ridotta in schegge, mentre il corpo privo di sensi di Nick precipitava sul tavolo di gioco, facendolo a pezzi e facendo volare le fiches e le carte per aria.

<MA CHE CAZ....> gridò Vincent.

<La prossima volta che ti mando a chiamare, De Rosa, ti conviene venire fuori e ascoltare ciò che ho da dire, invece di mandare i tuoi gorilla del c$%%£....>

<Si può sapere chi diavolo sei tu?>

<Mi chiamo Luke Cage e ho alcune domande da farti...>

<Ma che cosa aspettate, ancora? SPARATEGLI!> gli altri scagnozzi tirarono fuori l’artiglieria e gli spararono, ma le pallottole rimbalzarono sulla sua pelle indistruttibile. Luke si avventò su di loro, prendendoli a pugni. Nessuno di loro poteva tenergli testa, era troppo forte per loro.

 

De Rosa approfittò della rissa per darsi alla fuga: uscì dal locale e salì a bordo della sua auto, partendo sgommando. Luke gli fu subito dietro, spingendo al massimo sul pedale dell’acceleratore. L’inseguimento che ne seguì sembrava essere uno di quelli dei film dell’Ispettore Callaghan che tanta fortuna portò a Clint Eastwood. La macchina di Vinnie era una berlina sportiva, troppo veloce per essere raggiunta dalla più modesta utilitaria di Luke, ma il modello costoso  non passava certo inosservato, dunque era impossibile perderlo di vista. Inchiodò davanti al Full 80 e vi entrò di furia. Gridò ai buttafuori di fermare quello che lo inseguiva, poi scese le scale facendo i gradini a due a due. Si fece largo tra i tavolini rovesciandone alcuni al suo passaggio, spingendo le cameriere seminude, fino ad arrivare alla postazione del celebre e temutissimo zio.

<Ma che minchia succede?> chiese irritato Sal Pennisi <Che mi combini Vinnie?>

<Zio Sal, devi aiutarmi!> disse disperato <C’è uno che mi sta inseguendo! E’ venuto al Maxie’s e ha pestato tutti... gli abbiamo sparato, ma cazzo, le pallottole non gli facevano niente! Gli rimbalzavano contro, giuro su Dio!> Strillava, sudava, era preso dal panico.

<Chi? Chi ti sta inseguendo?> disse Sal, ordinando ai suoi di farlo sedere accanto a lui.

<N-Non so chi è, è un negro, enorme. Lui...> non terminò la frase perchè vide alcuni dei bodyguard del locale che venivano lanciati come palloni al centro della sala, finendo a terra.

<AAAAAAAAAH! E’ LUI!> urlò terrorizzato. Cage si diresse al tavolo, incazzato.

<Devo parlare con te, De Rosa.> disse, risoluto. Le guardie del corpo di Sal tirarono fuori i loro ferri e gli spararono a distanza ravvicinata ma i colpi, come aveva detto poco prima Vinnie, non gli fecero alcunché. Luke sollevò di peso il primo e lo scagliò sul palco dove una splendida ragazza si stava esibendo, mentre colpì l’altro con il dorso del pugno. La musica nel locale cessò di colpo, le ballerine smisero di ballare, gli altri clienti del locale e le cameriere ammutolirono.

<Chiamate Paulie...> disse sottovoce Sal ad uno dei suoi picciotti. Poi, mantenendo la calma, si rivolse a Luke:

<E cosa devi chiedere, a mio nipote?>

<Sto cercando una ragazza, una che usciva con lui. Si chiama Amy Gretchen.>

<Ed è per quella stronza che m’hai distrutto il locale?> chiese Vinnie piagnucolando.

<No idiota, t’ho distrutto il locale perchè m’hai mandato contro uno dei tuoi scagnozzi invece di venire a parlare con me, quando sono venuto a cercarti. E allora, dov’è Amy?>

<Quella schifosa troietta... ma che cazzo ne so, io??? L’ho presentata un mese fa a Peter Quinto, e quello stronzo se l’è presa con se. Io non centro più niente con lei, non so nemmeno dove l’ha portata...>

L’uomo di Pennisi si recò dietro nel privè, dove un robusto ragazzone s’era appartato con una ragazza per una lap dance personale.

<Ehi Paulie, ci sono problemi. Il capo ha chiesto di te.>

<Arrivo subito..> rispose Paulie sbuffando.

Nello stesso momento, Luke stava continuando il suo interrogatorio.

<Beh adesso tu alzi quel tuo culo bianco e mi dici dove posso trovare questo Quinto, altrimenti io...> allungò la mano per afferrare Vinnie, ma venne bloccato per il polso.

<Non t’azzardare ad avvicinarti al Padrino...> disse Paulie, mentre gli torse il braccio e lo colpì con un diretto fortissimo dritto in faccia. Cage fece un volo di un paio di metri.

 

Cristoforo Colombo!? Ha una forza spaventosa... se riesce ad atterrare me non può essere un normale gorilla... ma chi c£$$% è questo? Da dove salta fuori?

 

Era alto, quasi 1.90. Fisico massiccio, una montagna di muscoli. Capelli neri pettinati all’indietro. Assomigliava vagamente a Sylvester Stallone.

<Pensaci tu, Paulie, poi raggiungici al solito posto.> disse Pennisi mentre assieme al nipote e ai gorilla doloranti prendeva l’uscio.

<Come vuole lei, Padrino.> rispose, togliendosi la giacca e arrotolandosi le maniche della camicia bianca.

<Vuoi il gioco duro, eh? Per me non ci sono problemi...> rispose Luke togliendosi il giubbotto.

Cominciarono a darsele di santa ragione: due uomini indistruttibili che cercavano di farsi pezzi. Tutte le persone all’interno del locale andarono nel panico, e s’ammassarono cercando l’uscita e di evitare di venire coinvolti nella lotta.

L’italiano era un picchiatore capace, colpiva al tronco e al viso con forza. Cage per la prima volta dopo tanto tempo si ritrovava ad affrontare un avversario duro quanto lui. L’effetto sorpresa però non durò molto, e presto l’afroamericano iniziò a rispondere ai colpi, dando dimostrazione della sua straordinaria forza.

<E’ meglio che ti avverta, bello... solamente in “Rocky” capita che un italiano faccia il culo ad un nero...>

<Ah si? E che mi dici di Marciano, Jake LaMotta, Carmine Basilio e Rocky Graziano?> disse colpendolo con un pugno all’addome. Luke rispose con un violento destro lo lanciò contro il muro, incrinandolo. Paulie si rialzò e sorridendo, disse:

<Davvero notevole. Sei uno tosto.> sollevò un tavolino e glielo spaccò in testa.

<E’ così che vuoi giocare? Mi sta bene.>  prese anch’egli un tavolino e fece la stessa cosa.

Paulie si lanciò contro di lui, placcandolo come un giocatore di football, e i due andarono a sfracellarsi contro la postazione del DJ, che crollò su di loro. I due si sollevarono da terra, e Cage passò all’attacco, piazzando un tremendo uno - due al volto. Paulie cercò di sferrargli un altro pugno, ma Luke gli bloccò il braccio sotto l’ascella e gli diede una testata tremenda. Accusò il colpo, barcollando all’indietro, e con una pedata allo sterno venne scagliato lontano. Quando si rialzò si accorse che i due erano finalmente rimasti soli all’interno del locale.

<Ok, basta così Cage. Diamoci una calmata.> gli disse , facendo con le mani il gesto del time out.

<Ma che c£$$%  dici? Guarda che non sto giocando!> rispose furioso.

<Buono ok? Nemmeno io sto scherzando... sono un agente federale in incognito.>

<Cosa?> disse incredulo!

<Parlo sul serio! La polizia sarà qui tra poco e se m’arrestano mandi tutto a puttane...>

<Ma di che stai parlando??>

<Stammi a sentire solo un secondo ok? Non mi chiamo “Paulie Provenzano”... non sono nemmeno di Little Italy. Mi chiamo Angelo Conti, e vengo dall’Italia. La scorsa estate abbiamo arrestato il boss Provenzano in Sicilia, uno dei capi della famiglia mafiosa più potente d’Italia. Ha deciso di collaborare con la giustizia, dandomi le credenziali giuste per infiltrarmi nella famiglia Pennisi. Adesso sto collaborando con l’F.B.I. in quella che chiamiamo “operazione Omertà”. E’ da più di un anno che gli sto addosso, se mi fai arrestare mandi tutto a monte.> (3)

<E quindi, adesso come la mettiamo?>

<Facciamo così; tu dì che ti ho steso e mi lasci andare...>

<Che cosa!? Non se ne parla!>

<Fammi finire! Dicevo, tu mi lasci andare, ed io avverto i miei colleghi di farti avere informazioni su questo Quinto che stai cercando... d’accordo?>

<E va bene!> disse Luke, scontento e visibilmente innervosito <Facciamo così...>

<Bene! Scappo allora... >

<Ehi aspetta... per quella faccenda di prima...dove li metti allora Sugar Ray, Alì, Tyson o Floyd Patterson?>

<Allenati da Angelo Dundee e Cus D’Amato. Rassegnati amico, è il nostro sport.> rispose Paulie mentre gli dava le spalle dirigendosi di corsa verso l’uscita. Luke gli alzò il dito medio come risposta.

 

Cristoforo Colombo! Mi sono imbattuto nell’incrocio tra Joe Petrosino e Primo Carnera! Sto cominciando a pentirmi di aver accettato ‘sto caso... Amy, ovunque tu sia, mi stai provocando una montagna di guai....

 

Continua...

 

Le Note

 

 

Ecco il primo numero di questa mini dedicata a Luke Cage. Il nostro, andando alla ricerca di una ragazza scomparsa, scoprirà che le cose non sono mai come appaiono ad una prima occhiata... per scoprire il senso di queste mie parole, non vi resta che continuare a leggere i prossimi episodi!

 

1=  E’ avvenuto nel numero  36 della serie Marvel Knight, scritto da Carlo Monni.

 

2= Luke Cage e Danny Rand alias Iron Fist hanno dato vita per molti anni ad uno dei più solidi sodalizi tra gli eroi Marvel, condividendo la testata Power Man & Iron Fist, che successivamente cambio titolo in gli “Eroi in Vendita  (in originale, Heroes for Hire),  in cui i due eroi mettevano i loro poteri a disposizione di chi li avesse pagati. Curiosità: ho scoperto che nel numero 100 della serie Simpsons Comics hanno fatto una parodia della suddetta serie, ovvero Iron Foot - impersonato da Lenny Leonard - e Nuclear Power Man, interprato ovviamente da Carl Carson.

 

3= Come sanno i lettori della serie World Watch, in Marvel IT ho inserito il personaggio di Angelo Conti, mutante dotato anch’esso di una totale invulnerabilità ai proiettili, facendone (come dice Luke al termine della storia) un Joe Petrosino coi superpoteri. Nel Marvel Universe originale, tale personaggio si chiamava realmente Paulie Provenzano ed era legato ad una famiglia mafiosa italoamericana. Io invece, come avete letto, ho fatto si che tale identità è in realtà una copertura per un operazione da infiltrato.  Ah, per chi non lo conoscesse, Giuseppe “Joe” Petrosino fu un glorioso poliziotto italiano naturalizzato statunitense, che combattè la criminalità organizzata a Little Italy tra il 1895 e il 1909, anno della sua morte.

 

Carmelo Mobilia